Stare disteso sul divano è più naturale che correre una maratona.


Esiste il credente tiepido.

Aderisce a una confessione religiosa, per esempio il cattolicesimo, ma in modo superficiale: non ha mai letto i testi sacri, sa poco dei dogmi, non si pone tante domande, più che altro frequenta i riti, ma poi nemmeno tutti e nemmeno spesso. Però continua a dirsi «cattolico». Anche se poi tromba prima del matrimonio e spesso, dopo il matrimonio, pure fuori. Anche se usa gli anticoncezionali. Anche se fa abortire la figlia rimasta incinta a 15 anni. Anche se, quando la sua mamma malata terminale chiede di essere aiutata a morire, accetta che il medico le dia una spintarella verso l’aldilà. Ma non importa: il credente tiepido si sente «cattolico». Interrogato un po’ in profondità, non sapendo che altro rispondere conclude: «Eppure io sento che esiste Qualcosa». E tanto gli basta, poiché non percepisce alcuna incoerenza o dissonanza cognitiva.

Io disprezzo il credente tiepido.

Per la verità io disprezzo anche il credente caldo, cioè quello consapevole, convinto, documentato. Fino al fanatismo che lo induce ad attivarsi per convertire gli altri o, non potendo convertirli, a negare loro dei diritti fondamentali. Io disprezzo il credente caldo, però quello tiepido lo disprezzo un po’ di più. Infatti, nella sua ignoranza e nella sua superficialità, è complice dell’istituzione criminale, del privilegio sociale, del sistema dogmatico. Senza nemmeno rendersene conto.

Ma esiste l’ateo tiepido?

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