Dio può farsi una bella sorpresa? O anche solo nascondersi il giorno e l’ora dell’apocalisse? Come vedremo oggi, questa domanda dimostra l’inesistenza del dio* cattolico e di qualsiasi divinità onnipotente e onnisciente.

* In questo testo è stata usata la lettera minuscola all’inizio dei seguenti vocaboli: dio, allah, yhwh, brahma, odino. Si tratta di una scelta letteraria volta a sottolineare, sia per chi scrive, sia per molti atei, che a tali personaggi immaginari nel corso della Storia umana è stata attribuita un’immeritata importanza. Come modo ulteriore di desacralizzare questi soggetti verranno quindi qui così degradati anche in violazione delle convenzioni ortografiche.

Questo articolo è parte della serie sull’inesistenza di dio, trovate l’indice qui.
Come sempre, farò uso di logica formale quindi si raccomanda di leggere almeno l’articolo in cui la introduco.

Avventure a bivi

C’è una vecchia rom-com del 1998, dal titolo “Sliding doors”, la cui protagonista vive due versioni diverse della sua vita assai differenti, semplicemente in base al fatto di riuscire a passare o meno attraverso le porte scorrevoli di una metropolitana prima che si muova. A partire da quel semplice ritardo cambiano le sue relazioni (lei non arriva in tempo per sorprendere il suo amato con un’altra) e in generale la sua vita.

Ora, questo film non assume particolari prese di posizione filosofiche, ma noi possiamo farne una: di futuro ce n’è uno solo o ce ne sono molteplici che si ramificano in base a ogni possibile variante? Della questione abbiamo anche già trattato in la libertà delle marionette e il dio veggente, ma in questo caso non voglio parlare della nostra libertà, bensì del futuro di una particolare “persona”: dio stesso.

Come vedremo oggi, dio non può esistere in quanto dovrebbe essere onnipotente e onnisciente, ma le due proprietà si contraddicono, esattamente come si contraddicono la nostra libertà e la sua onniscienza.

Illimitati poteri cosmici


Attenzione però: qui non sto mettendo in contrasto una libertà divina con la sua stessa onniscienza. In quel caso basta tornare al vecchio articolo e usare dio come soggetto. Qui sto parlando della sua onnipotenza.

Non starò neanche a rifare tutta la discussione sulla definizione di onnipotenza di dio fatta in Una pietra che non rotola. Specialmente perché qui la definizione che ci serve è la minima possibile: quella secondo cui dio ha a sua disposizione più di un singolo corso d’azione in una certa situazione. Il che significa anche avere la facoltà di compiere o non compiere almeno un’azione, qualunque essa sia. In altre parole in almeno un singolo momento dio deve avere la capacità di compiere o non compiere come minimo una singola azione, foss’anche solo il suo atto creativo. Questo è un sottoinsieme così ridotto rispetto alla definizione corretta di onnipotenza, che vi starete chiedendo perché mai ho bisogno di tirar fuori tale concetto invece di accontentarmi della mera libertà divina.

Semplice: perché oggi voglio dimostrare come il dogma dell’onnipotenza divina e quello dell’onniscienza divina sono mutuamente esclusivi. L’incompatibilità tra libertà divina e onniscienza semplicemente è un altro paradosso per un altro giorno.

Che succede se neghiamo questa capacità a dio? Che dio non ha alcun potere oltre a ciò che ha effettivamente compiuto o che effettivamente compirà. In altre parole, un dio di una potenza estremamente limitata, incapace di esaudire ogni preghiera che non è stata esaudita, impotente davanti agli eventi che sono finora trascorsi, non per scelta, ma per mancanza di alternative. Certo, sarebbe una bella soluzione per il problema della sofferenza e del male, dio l’ha permesso perché non poteva evitarlo. Credo sia ovvio a tutti che questo è negare a dio l’onnipotenza.

Un dio che non sa di non sapere?

E anche per l’onniscienza non starò a rifare le definizioni, di quelle ce ne siamo occupati nella succitata la libertà delle marionette e il dio veggente. Anche perché pure in questo caso ci serve solo che dio sappia del suo stesso agire piuttosto che conosca ogni cosa su tutto e tutti. Specificamente ci serve sappia dell’azione su cui aveva facoltà di compiere o non compiere.

In termini molinisti questa sarebbe considerata una “conoscenza libera”, in altre parole conoscenza da parte di dio delle proprie libere volontà e delle loro conseguenze. Prendiamo come esempio la sua decisione di creare il mondo così com’è, oppure quella di resuscitare Lazzaro, o ancora di apparire su un toast. Questa conoscenza delle proprie azioni è tutto quel che ci serve dell’onniscienza divina.

L’alternativa sarebbe immaginarsi un dio ignorante di sé stesso, incapace di promettere o profetizzare i propri miracoli, che non sa quale effetto possa avere una preghiera e persino un progetto di salvezza in cui una qualsiasi sua azione sia coinvolta. Tipo incarnarsi, fare miracoli, convertire gente, fare rivelazioni… tutte cose che non potrebbe conoscere se neghiamo a dio la conoscenza di un suo singolo atto.

Elementare, Spock


Una volta stabilite queste versioni minimali dell’onniscienza e onnipotenza divine che serviranno nella dimostrazione, andiamo a vedere se effettivamente c’è contraddizione tra loro.

Nota: nel seguito indicheremo con A una azione che dio compie, quindi “¬A” (non A) indica il fatto che dio non compie l’azione in questione.

P1. ◇A∧◇¬A (possibile A e possibile non A; ipotesi di onnipotenza minimale: dio può compiere o non compiere una azione A, ergo sia A che non A sono possibili)
P2. □A∨□¬A (necessariamente A o necessariamente non A; ipotesi di onniscenza minimale: dio ha conoscenza a riguardo della sua azione, quindi è determinato da questa conoscenza che succederà necessariamente o che l’azione A si realizza o che non si realizza)
L3. ¬◇¬A∨□¬A (da P2, per equivalenza di ¬◇¬p e □p; per definizione di “necessario”, questo può essere espresso come negazione della possibilità dell’opposto, ovvero se è necessario che A, allora non è possibile che non A)
L4. ¬◇¬A∨¬◇¬¬A (da L3, per equivalenza di ¬◇¬p e □p; esattamente come al rigo prima, ma applicato alla seconda occorrenza del simbolo di “necessario”)
L5. ¬(◇¬A∧◇¬¬A) (da L4, per teorema di De Morgan; applicazione del teorema di De Morgan che stabilisce l’equivalenza tra “non (A e B)” e “non A o non B”, in questo caso avevamo una disgiunzione tra due negazioni del tipo di “non A o non B” e ne otteniamo la negazione di una congiunzione (una cosa del tipo di “non (A e B)”, vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Leggi_di_De_Morgan )
L6. ¬(◇¬A∧◇A) (da L5, eliminazione di doppia negazione; il “non non A” sulla destra equivale ad “A”)
L7. ¬(◇A∧◇¬A) (da L6, commutazione della congiunzione; sono così pignolo da prendere un passaggio solo per scambiare di posto “A e B” con “B e A”? no, è che per metodo logico non si sposta un simbolo senza una regola che te lo permette, è il prezzo della certezza)
L8. (da P1 e L7, contraddizione; constatiamo che L7 è l’esatta negazione di P1)

In altre parole, per esprimere questa dimostrazione in un linguaggio simile a quello di Plantinga, dato un mondo w, dio dovrebbe essere in grado di attualizzare un qualsiasi mondo w* come suo istante successivo (per definizione di onnipotenza), ma per la sua onniscenza è stabilito che l’unico mondo che è possibile venga attualizzato è solo il mondo w’ che dio sapeva avrebbe attualizzato e non tutte le infinite possibili alternative in w, perché se fosse possibile a dio attualizzare gli altri w allora sarebbe a lui impossibile conoscere il fatto che w’ verrà attualizzato. Questo significa che dio non può attualizzare altro che w’, cosa che nega la definizione di onnipotenza.

Parola alla difesa?


Ora, davanti a una contraddizione così lampante cosa potrà rispondere l’apologeta di turno? Da un lato non ne ho idea, non ho mai visto questo paradosso anche solo discusso, in questa forma. A tal proposito Dawkins ha proposto di basarsi sulla capacità di dio di cambiare idea, ma non è quello che ho trattato qui. Io ora mi sono concentrato solo sulle capacità di dio, non sul volere di dio. Dei suoi stati intenzionali adesso non ci interessa, questo paradosso riguarda solo ciò che dio conosce e ciò che dio può fare, non il suo volere. Quindi le tipiche difese basate, ad esempio, sul fatto che la capacità di cambiare idea non è parte dell’onnipotenza qui non sono applicabili.
Altra cosa che tipicamente veniva risposta a Dawkins riguardava il fatto che il cambiare idea richiede un’idea pregressa da modificare e un tempo in cui farlo. A questo aspetto rispondono quindi con nonsense come “dio è fuori dal tempo” (come se questa frase non significasse precisamente che dio non è mai esistito, non esiste adesso e mai esisterà). Anche queste apologetiche qui sono del tutto inapplicabili. Che dio conosca prima del fatto, durante o dopo è irrilevante. Che l’azione sia possibile nel tempo o fuori dal tempo, pure è irrilevante: la questione è se l’azione sia o meno una possibilità, non quando o dove sia una possibilità.

L’unica linea di “attacco” residua per l’apologeta di turno sarebbe quella di tentare una separazione tra capacità e possibilità o tra conoscenza e necessità.
Nel primo caso cosa significherebbe? Si dovrebbe arrivare a sostenere che dio sia capace di fare qualcosa di impossibile, tipo il famoso cerchio con quattro angoli e quattro lati. E ci sono persone che lo sostengono eh! Questi sono i tipi che si rifugiano o in nonsense come “dio è superiore alla logica” (un po’ come dire che è superiore alla grammatica), o addirittura sostengono che dio può render vera una contraddizione. Ecco, questi non fanno altro che accorciare la dimostrazione a un singolo passaggio: dalle contraddizioni deriva ogni cosa, la regola si chiama ex falso sequitur quodlibet quindi una volta asserita la contraddizione, ne segue anche la proposizione “dio non esiste”. L’inesistenza di dio è quindi dimostrata più in fretta.

Il secondo caso è quello in cui si nega che la conoscenza implichi una necessità. Il problema in questo caso è che il conoscente innanzitutto dovrebbe poter conoscere, cioè credere per vere, cose che sono meramente possibili. Qui abbiamo un grosso problema però: questo viola la logica modale. Nella logica modale infatti se una proposizione è vera, è anche necessariamente vera. Questa insomma è la regola di necessitazione della logica modale.
Un altro enorme problema: questo implica che sia possibile a dio conoscere una cosa e… il suo contrario. E sì, perché se A è soltanto possibile e non necessario, allora anche non A è possibile. E se si può conoscere qualcosa di meramente possibile, anche non A è conoscibile. In altre parole, ci si ritrova con un dio che ha credenze tra loro incompatibili. Un dio irrazionale che crede a una cosa e il suo contrario anche se queste non sono vere!

Tiriamo le somme

Come abbiamo visto dio non può esistere perché dovrebbe essere sia onnipotente che onnisciente ma le due proprietà si contraddicono: l’onnipotenza comporta opposti possibili mentre l’onniscienza comporta necessità mutuamente esclusive.
Tutte le opzioni legate al negare una delle ipotesi di base finiscono all’assurdo nelle maniere più comiche. Quindi ancora una volta ineluttabilmente non possiamo che concludere che un qualsiasi dio cui si vogliano attribuire onnipotenza e onniscienza non può in alcun modo esistere. Questo riguarda quantomeno yhwh e allah, ma se consideriamo la definizione qui utilizzata di onnipotenza, ovvero il poter fare una singola cosa o non farla, vale anche per tantissime altre divinità onniscienti, come brahma o odino.
Come Volevasi Dimostrare.

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