Cosa accomuna dio* e un poliziotto americano? Che entrambi hanno una contraddizione tra quel che praticamente possono fare e quel che moralmente dovrebbero poter fare.
Nel caso del poliziotto a stelle e strisce la cosa è chiara e facile: un poliziotto non dovrebbe poterti rapinare, ma in USA esiste la “civil forfeiture” grazie alla quale un poliziotto che ti ferma in mezzo alla strada può svuotarti il portafoglio sotto la minaccia delle armi e anche spararti se a suo giudizio stavi reagendo in una maniera che lo ha spaventato. Una rapina legale.

Ma qual è la rapina legale di dio? Oggi ne parliamo come parte della serie sulle prove di inesistenza di dio.

trovi qui quelle precedenti

Questa prova farà uso di logica formale, se ne sei a digiuno leggi Un dio nel multiverso del possibile per trovare una brevissima introduzione.

Prima di tutto, perché qualcuno dovrebbe interessarsi di una contraddizione tra attributi di dio? La questione è semplice: la verità non può contraddire sé stessa, quindi chiunque ti racconti un dio che si contraddice non ti sta dicendo la verità. E se credi in un dio che è “la verità, la via, la vita” questo dovrebbe farti capire che quel dio non è quello che ti hanno raccontato.

In particolare la prova di oggi è la seguente: dio non può esistere così come descritto dai cristiani perché dovrebbe sia essere onnipotente che onnibenevolente e le due cose sono in contraddizione tra loro.

*NOTA: In questo testo è stata usata la lettera minuscola all’inizio dei seguenti vocaboli: dio e geova; padre e cristo nel loro riferirsi alla divinità. Si tratta di una scelta letteraria volta a sottolineare, sia per chi scrive, sia per molti atei, che a tali personaggi immaginari nel corso della Storia umana è stata attribuita un’immeritata importanza. Come modo ulteriore di desacralizzare questi soggetti verranno quindi qui così degradati anche in violazione delle convenzioni ortografiche.

Le basi: onnipotenza e onnibenevolenza

Dell’onnipotenza e la sua definizione abbiamo già trattato in passato, specificamente in dio vs la pietra che non rotola, quindi fate riferimento a quella definizione: “l’esistenza di dio rende possibile ogni cosa ben definita e non autocontraddittoria”.

Che dio sia onnipotente è una delle asserzioni centrali non solo del cristianesimo, ma anche dell’ebraismo, islam, fede ba’hai, brahmanesimo, politeismo greco etc.

Di questa onnipotenza oggi però ci riguarda un sottoinsieme molto ridotto, quello che concerne la facoltà di causare in ogni entità di volere qualsiasi cosa. Anzi, riduciamo ancora: la facoltà di dio di essere in grado di volere qualsiasi cosa, in altre parole il suo potersi indurre il libero arbitrio, di causarsi un cambiamento d’idea. Dico indurselo piuttosto che averlo già per un semplice motivo: stiamo parlando del conflitto tra onnipotenza e onnibenevolenza, non tra libero arbitrio divino e onnibenevolenza. Quello è un altro paradosso per un altro giorno.

Riguardo l’onnibenevolenza, per le denominazioni cristiane maggioritarie che si sono disturbate a definire una dottrina, dio non solo è buono, ma necessariamente buono. Ovvero incapace di una volontà “malvagia”. Ora le definizioni di “male” sono estremamente variegate nei cristianesimi, ma hanno tutti l’abitudine di usare questo termine e di dire che qualsiasi cosa sia, dio ne è completamente privo, assolutamente mai e poi mai per loro dio può compiere il male. Sì, la Bibbia letteralmente dice l’opposto ( Isaia 45:7 “Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il bene e creo il male; io, il Signore, compio tutto questo.”), ma ciò non ha mai impedito ai teologi di negarlo e asserire che dio sia buono, sia il bene stesso addirittura.

In particolare per quanto riguarda il cattolicesimo, il Catechismo della chiesa recita “Dio è infinitamente buono e tutte le sue opere sono buone.” (fonte) ed è dogma di fede che dio sia perfetto, immutabile e quindi incapace di cambiare, figurarsi cambiare da buono a malvagio. La sua bontà quindi è necessaria e negarle questo aspetto richiede il negare precisi dogmi del cattolicesimo. In aggiunta possiamo citare l’aquinate

“Ora, Dio nulla desidera più della sua stessa bontà: ci sono però dei beni che egli preferisce ad altri. Perciò il male colpa (il peccato), che allontana dal bene divino, Dio non lo vuole in nessun modo.”
(fonte)

E va anche ricordato che in un abuso metafisico molti cristiani e cattolici non solo pretendono di dirci cosa sia giusto o ingiusto fare, ma di ridefinire il concetto stesso di bene, fino a farlo equivalere con dio e dire che dio stesso sia il bene, cosa che implica che per definizione non può esserci differenza tra dio e il bene e quindi esso non possa per definizione essere altro che bene. Su questa linea ad esempio troviamo Sant’Agostino, quando non era impegnato a spiegare che la schiavitù è un bene per lo schiavo (sì, sul serio).

Ci sono religioni, ovviamente, in cui gli dei, quando anche onnipotenti, non sono né onnibenevolenti né tantomeno buoni, addirittura. Nel cristianesimo gnostico per esempio il dio buono era il dio padre da cui proveniva il cristo, mentre il dio creatore dell’antico testamento era un dio diverso e malvagio. Quel cristianesimo è ben al riparo da questo paradosso. Ma i cristianesimi cattolico, anglicano, luterano, calvinista, valdese, evangelico, mormone e dei testimoni di geova sono tutti uniti nel predicare l’onnipotenza e necessaria bontà di dio. A questi si uniscono l’islam e la fede ba’hai.

Chi, come tanti ebrei, nega la necessità della bontà divina, può invece fermarsi qui, questa è la sua ragione per non applicare al suo dio questo specifico paradosso. Ma ciò implica l’abbandonare le religioni di cui sopra, quantomeno.

la resa dei conti

Stabilito dunque a che tipi di dio sono applicabili queste definizioni, è il momento di chiederci se un dio possa portarle addosso entrambe senza arrivare a una contraddizione e quindi se possa essere sufficiente che il dio di turno sia definito come onnipotente e onnibenevolente a dimostrarne l’inesistenza.

E per farlo usiamo, come al solito, la logica formale.

P1. O(D)→∀x∀y(◇V(x,y)) (se dio è onnipotente allora per ogni x e per ogni y è possibile che x voglia y; l’onnipotenza di dio implica che sia possibile per ogni entità che questa entità voglia una qualsiasi cosa, dato che dio può causar ciò con la sua onnipotenza, in altre parole, se dio è onnipotente, può causare in ogni entità di volere qualsiasi cosa)
P2. B(D)→□¬V(D,m) (se dio è onnibenevolente, allora necessariamente dio non vuole il male; se dio è onnibenevolente/perfettamente buono necessariamente non può volere il male)
P3. O(D) (dio è onnipotente; ipotesi di esistenza di un dio onnipotente)
P4. B(D) (dio è onnibenevolente; ipotesi che esista un dio onnibenevolente/perfettamente buono)
C1. ∀x∀y(◇V(x,y)) (da P1 e P3, per modus ponens, per ogni x e ogni y è possibile che x voglia il y; se dio è onnipotente e se è vero che l’onnipotenza di dio gli permette di far volere a chiunque qualsiasi cosa, allora per chiunque è possibile volere qualsiasi cosa posto che intervenga l’onnipotenza divina)
C2. ∀y(◇V(D,y)) (da C1, per istanziazione del per ogni x, dove x è D, per ogni y è possibile che D voglia il y; se per chiunque è possibile volere qualsiasi cosa, è possibile anche per dio )
C3. ◇V(D,m) (da C2, per istanziazione del per ogni y, dove y è m, è possibile che D voglia m; se per dio è possibile volere qualsiasi cosa, è possibile che dio voglia il male)
C4. □¬V(D,m) (da P2 e P4, per modus ponens, necessariamente dio non vuole il male; se dio è onnibenevolente/perfettamente buono e se è vero che l’essere onnibenevolente/perfettamente buono di dio implica che necessariamente non può volere il male, ne segue che dio necessariamente non vuole il male)
C5. ¬◇¬¬V(D,m) (da C4, per equivalenza di ¬◇¬p e □p, non è possibile che dio non non -nb:doppio non- voglia il male; qui si applica l’equivalenza tra “necessariamente” e “non è possibile che non”, che è poi il modo in cui “necessariamente” è definito in logica modale)
C6. ¬◇V(D,m) (da C5, per equivalenza di ¬¬p e p, non è possibile che dio voglia il male; qui si applica la doppia negazione uguale affermazione, nota, questo non vale in logica intuizionista, non è possibile che dio voglia il male)
C7. (contraddizione tra C6 e C3; ed eccoci alla contraddizione: abbiamo dedotto sia che non è possibile che dio voglia il male sia che è possibile che dio voglia il male, questo è assurdo)

Ed eccoci quindi alla inevitabile conclusione. Se un’entità viene definita sia perfettamente buona, sia onnipotente, questa entità è automaticamente definita anche come inesistente, dato che queste due proprietà sono mutuamente esclusive.

Parola alla difesa?

Cosa potrebbe inventarsi a questo punto un disperato incapace di accettare i fatti?
In primis, ridurre fortemente la bontà divina. Per arrivare a un concetto di onnibenevolenza sufficientemente debole da sottrarsi a questa dimostrazione, ad esempio, bisogna abbandonare l’idea che non ci possa essere differenza tra dio e il bene. Bisogna anche abbandonare l’idea che dio stesso sia lo standard di cosa significa “bene” e l’idea che dio non possa in alcun modo volere il male.
Bisogna insomma abbandonare parecchia della teologia cattolica in materia, ma tranquilli, gli eretici non li bruciano più ora che gliel’abbiamo vietato.

Bisogna arrivare addirittura al punto da credere che esistano mondi possibili nel multiverso in cui dio desidera il male, anche se non necessariamente questo. Bisogna insomma ridursi a una situazione dove dio non ha mai fatto il male finora, ma non abbiamo modo di dire che dio non voglia fare il male domani. Che sia cioè solo una scelta, come la mia scelta di non saltar fuori dalla finestra (che, vivendo al pianterreno è una scelta assai meno drammatica di come suona). Magari una scelta che finora ho tenuto consistentemente, ma che nulla mi vieterebbe un giorno di fare (magari a causa di una porta bloccata).

Una mossa, invece, del tutto inutile, sarebbe quella di provare a discutere sulla definizione di male. Perché del tutto inutile?
Perché questa dimostrazione funziona anche come paradosso interno della dottrina. Non importa cosa intenda per “male” il disperato di turno, lo cambi come gli pare. Fintanto che riconosce come “male” un qualcosa e fintanto che nega a dio il volere questo qualcosa, la dimostrazione vale tal quale.
Che si definisca come male la sofferenza, la distanza da dio, una macchia fuffomistica sull’anima, la mancanza di bene, il guano quantico, l’eresia o l’autodeterminazione dell’uomo non importa. Resta uno stato di cose che si nega a dio di poter volere da un lato e concede di potersi causare di volere dall’altro. Chiamarlo “male” o no è solo una scorciatoia linguistica.

Che succede invece se si prova ad attaccare il lato dell’onnipotenza e specificamente la definizione di onnipotenza usata? Più o meno le stesse penose scene che sono successe per i vari paradossi interni dell’onnipotenza: il paradosso rimane tal quale fino a quando la definizione non è così vaga da essere applicabile pure alle pietre o così debole da essere superata dalle normali facoltà umane.
Per esempio uno potrebbe ridefinire l’onnipotenza come limitata a ciò che è in linea con la volontà e natura del soggetto. Come le pietre. La pietra può ogni cosa che vuole e che è in linea con la sua natura, quindi sotto questa definizione è onnipotente.
Oppure ridefinire l’onnipotenza come incapace di agire sul soggetto stesso, beh complimenti, se potete lavarvi i denti siete più potenti di dio con questa definizione.

Infine uno potrebbe provare ad attaccare la parte logica. A parte la questione che è impossibile che un teorema sia falso, c’è effettivamente una questione che potrebbe essere sollevata: il punto C6, l’uso dell’equivalenza doppia-negazione affermazione. Come scritto nella dimostrazione “questo non vale in logica intuizionista”, ovvero esiste una logica formale in cui quello non è un passaggio valido.
Ma che impatto ha questa cosa?
Beh, se ti chiami Brouwer e ti incazzi come una biscia perché i matematici continuano a dimostrare per assurdo che le soluzioni devono esistere senza però trovarle, l’impatto è molto grande. Altrimenti è tipo un moscerino che sfiora un autotreno.
Specificamente la logica in questione è una logica in cui si rifiuta l’idea che si possa dimostrare qualcosa per assurdo, quindi non si possono fare ragionamenti dove “se non è vero che non X allora X”.
Chi rigetta questi ragionamenti dovrà rigettare quindi cose come il teorema che dimostra l’esistenza dei numeri irrazionali e quell’idea recitata da Sherlock Holmes per cui “una volta escluso l’impossibile, quel che resta, per quanto improbabile, dev’essere la verità”.

E una persona che faccia questo tipo di ragionamento, coerentemente, non potrà mai affermare l’esistenza di dio in assenza di una chiara prova diretta della sua esistenza. Prova che non può essere ottenuta semplicemente attaccando qualche alternativa, come fanno ogni volta gli apologeti.

Ricapitolando

Ricapitolando, abbiamo dimostrato che dio non può esistere così come descritto dai cristiani perché dovrebbe sia essere onnipotente che onnibenevolente e le due cose sono in contraddizione tra loro. Ogni singola opzione che il credente volesse tentare per rigettare questa conclusione passa per il negare elementi cruciali per la sua stessa credenza, che si tratti della bontà divina o della sua capacità di decidere e onnipotenza.

Questa dimostrazione, ovviamente, ha un’applicabilità relativamente più limitata di altre che abbiamo visto, per il semplice fatto che non tutti sostengono che il loro dio non possa fare o volere il male… ma quelli che lo sostengono sono comunque la stragrande maggioranza dei monoteisti, che quindi restano a dover fare i conti con questo problema.

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